L’alto Adriatico

Storia

L’Alto Adriatico (o Adriatico settentrionale) indica le zone costiere dell’Italia nord-orientale, della Slovenia e della Croazia (Istria e parte della Dalmazia) che si affacciano sul mare Adriatico. I suoi confini non sono univoci: nella sua accezione ampia esso individua un’area pari a un terzo dell’Adriatico, in quella ristretta indica la porzione di mare che va dal delta del Po al golfo del Quarnero (Croazia), definizione solitamente utilizzata per il golfo di Venezia.

Il nord Adriatico è un golfo giovane, di dimensioni e profondità modeste (40 metri la profondità massima). Le sue sponde mostrano caratteristiche molto diverse: il lato occidentale ha coste basse e sabbiose, generate dai molti fiumi che vi sfociano scendendo dalle Alpi attraverso la Pianura Padana, mentre da nord e proseguendo in senso orario l’altopiano del Carso ne determina la sua natura rocciosa.

L’Adriatico, soppratutto, rappresenta geograficamente e idealmente lo spartiacque meridionale tra l’Oriente e l’Occidente. Orientato pressoché verticalmente da nord a sud, mette in diretta comunicazione l’Oltralpe centro europeo con l’Egeo, l’Asia Minore e il Nord Africa, con i posti cioè dove è nata la nostra civiltà.

Via d’acqua quanto mai variegata sotto l’aspetto idrografico, morfologico, antropologico e culturale, storico, artistico, politico, militare e economico, è un conglomerato senza pari frutto delle sedimentazioni di secoli e secoli di diverse culture. La navigazione ha svolto in questo contesto una funzione centrale con caratteristiche salienti in fatto di ideazione, costruzione e armamento navale, navigazione costiera, di cabotaggio e d’altura, pesca e nautica agonistica e da diporto, tanto da acquisire non poche posizioni di rilievo in tutto il Mediterraneo.

In un ambiente come quello Adriatico trovano spazio fin dall’antichità moltissimi mezzi nautici grandi e piccoli di vario tipo, nome e impiego. Il più antico reperto attualmente noto è una incisione su coccio preistorico individuata nella grotta Grabar dell’isola dalmata di Lesina, che può interpretarsi simile ad una attuale “coracle” irlandese, ed anche a quanto appare in fotografie della Mesopotamia e dell’India, che porta al “carabus” romano e a certe barche indocinesi.

Si vedano poi la stele di Novilara (Pesaro), la stele del faber navalis P.Cattius di Aquileia (I° sec. a.C.) e quella del faber Longidienus di Ravenna (I° sec. d.C.), le onerarie romane nei bassorilievi di Aquileia, Trieste e Spalato, i mosaici di Ravenna e di Venezia e via via le navi a più alberi e a più vele.

In ambito di imbarcazioni a vela, la principale tipologia in uso nell’Alto Adriatico fu la vela al terzo, di forma trapezoidale e tesa mediante un pennone superiore e uno inferiore. La sua denominazione deriva dalle dimensioni della porzione di vela che sta davanti all’albero, che è appunto un terzo rispetto a quella che sta dietro. Questa imbarcazione è il frutto di un affinamento secolare, iniziato tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento.

Traboccolo

Il traboccolo compare nel medio Adriatico nella seconda metà del XVII secolo: è il risultato dell’evoluzione delle imbarcazioni da trasporto a due alberi a vele quadre e latine, tipiche del periodo rinascimentale, che nel corso del Cinquecento e del Seicento acquisirono sistemi costruttivi più perfezionati.

Nel corso dei suoi tre secoli di vita, il traboccolo gradualmente sostituì molti tipi di imbarcazioni, anche di grandi dimensioni, documentate in Adriatico fino alla seconda metà dell’Ottocento: il pièlago, la marsiliàna, il tartanòne e altre, portatando ad una sostazionale unificazione dei tipi medio-grandi in tutto l’Adriatico. Lo si trova, con poche varianti, da Trieste a Venezia, lungo la costa dalmata fino all’Albania e quella italiana fino alla Puglia. 

Per valutare di quali prestazioni è stato capace il trabaccolo si consideri il fatto che durante la prima guerra mondiale 50 unità sono state chiamate a prestare servizi vari nella marina austro-ungarica e 168 sono stati requisiti dalla marina italiana nell’ultimo grande conflitto, con non pochi affondamenti ma anche ricuperi e restituzione all’attività privata.

Bragozzo

Il bragozzo è la tipica barca chioggiotta, con centri di costruzione nella Laguna Veneta. Si tratta del migliore adattamento della barca a fondo piatto di origine lagunare alla navigazione marittima: sono riconoscibili dal fondo piatto.

Bragozzetti di Grado

Altri esempi di imbarcazioni dell’Alto Adriatico:

Batela istriana
Sanpierota veneziana
Guzzo triestino

PRESENTE E FUTURO

Da sempre dominato dalla Barcolana di Trieste, la regata di punta della seconda domenica di ottobre divenuta un evento turistico e un volano economico eccezionale, l’Alto Adriatico sta conoscendo un risveglio “marinaro” sulla spinta dei suoi storici circoli velici.

Gli ultracentenari Compagnia della Vela di Venezia (1911), Yacht Club Adriaco di Trieste (1903) e la Società nautica Pietas Julia di Sistiana-Duino (nata nel 1866 a Pola e poi esodata), si sono alleati per ridare slancio al comparto.

La collaborazione ha creato il circuito Maxi Yacht Adriatic Series (MYAS), che riunisce quattro delle più importanti e storiche regate inshore e offshore dell’area adriatica per la flotta maxi. Il circuito va a collocarsi temporalmente nel periodo tra fine settembre e fine ottobre.

Il primo appuntamento è rappresentato dalla più antica regata offshore dell’Adriatico, la Trieste – San Giovanni in Pelago – Trieste organizzata dallo Yacht Club Adriaco, la seconda tappa è rappresentata dal classicissimo Trofeo Bernetti della Società Nautica Pietas Julia. Segue la Trieste Venezia – Two Cities One Sea Regatta, organizzata dallo Yacht Club Adriaco con la collaborazione logistica dello Yacht Club Venezia. Questa regata, inizialmente riservata a barche sopra i 13 metri, è ora aperta a tutti e collega non solo idealmente le due città di mare. Il circuito si conclude con la Veleziana, la  regata organizzata dalla Compagnia delle Vela.